Il ritorno della Dea

Il ritorno della Dea

“Comincio a cantare Pallade Atena, la gloriosa dea dagli occhi splendenti, ingegnosa, dal cuore inflessibile, vergine casta, signora dell’Acropoli […]; il saggio Zeus la generò da sola, dal suo capo venerabile, rivestita già delle armi di guerra dorate e lucenti.”

(Inni Omerici)

 

 Ricostruzione ideale dell’interno della cella (naòs) del tempio di Atena (Athenaion)

di Castro come doveva apparire alla fine del IV sec. a.C. - S. Nastasi 2025

Avevano travolto la resistenza degli ultimi difensori dell’acropoli, gli ordini di Annibale erano stati secchi ed essenziali: “Saccheggiate! Prendete tutto quello che di prezioso trovate!”.

E i cavalieri numidi avevano assalito, incendiato fattorie e villaggi e riempito i carri di bottino. Ora erano stanchi, il sole non dava tregua sembrava un sole africano, eppure quando videro stagliarsi contro il mare azzurro, sulla cresta di un promontorio, il profilo inconfondibile di un tempio, di colpo le energie erano loro tornate impetuose.

Dove c’è un tempio c’è sempre un tesoro.

 Appena entrati nel santuario li accolse una fresca oscurità, con gli occhi offesi dal sole restarono sulla soglia senza vedere nulla, poi percepirono danzanti fiamme che si alzavano da grandi bracieri, ciocchi di ginepro roventi diffondevano un aroma di resina.

 Eppure, quella penombra tranquilla non era uno spazio vuoto, era abitato. Lo sentivano sulla loro pelle, era come una pressione che induriva i muscoli del collo.

Lo strazio delle urla disperate delle loro vittime li aveva lasciati indifferenti sino a quel momento, ma ora un tremito di inquietudine aveva accelerato il respiro. Tutti gli automatismi assimilati durante le tante battaglie a cui erano sopravvissuti diedero loro l’impulso a reagire. Si disposero veloci a ventaglio, armi in pugno avanzavano alla ricerca di nemici nascosti nell’ombra, pronti a colpire. Niente e nessuno. Il tempio era deserto. Si ritrovarono al centro, con gli sguardi saettanti che si interrogavano silenziosi e stupiti. Poi in un attimo presi da una comune intuizione guardarono in alto verso occidente.  Colossale, la dea emergeva dall’oscurità e li attraversava con il suo sguardo gelido e lontano. Armata, possente e immobile. A bocca aperta la contemplarono, ne potevano percepire la forza immane che si sprigionava dai muscoli guizzanti delle braccia e dall’ accenno di rotazione imperiosa delle spalle, che sembrava preparare una postura di attacco. Ma erano gli occhi che li inchiodavano al suolo, che li svuotavano di ogni energia, di ogni capacità di reazione.

Lo sfavillio delle fiamme faceva brillare le iridi azzurre come se scrutassero prede con l’assoluta fissità di un rapace.

Non avevano mai visto una divinità così presente, così reale, così inumana.

 Il racconto finisce qui, qui dove comincia la storia, la vera Storia.

 Nell’estate del 214 a.C., durante la seconda guerra punica, il santuario dedicato ad Atena, a Castro, nel Salento, fu veramente assalito e saccheggiato dai soldati di Annibale. Cercavano soprattutto metalli preziosi e nel tempio dovevano essercene molti grazie alle offerte votive. Forse anche il grande simulacro della dea poteva avere l’intera panoplia delle armi realizzate in bronzo e oro. La grande statua fatta in finissima pietra leccese e completamente colorata fu abbattuta. Spezzata in più parti giacque tra le pietre sparse del sacello per molti decenni fino a che i nuovi conquistatori romani fondarono nel 213 a.C. sullo stesso promontorio la città di Castrum Minervae e ne seppellirono in loco i resti, oramai sbiaditi, per rispetto religioso.

  

L’ Atena di Castro Alta m. 3,40 - Seconda metà del IV sec. a.C.

 realizzata in calcarenite o pietra leccese.

  

L’ Atena di Castro vista posteriore - Seconda metà del IV sec. a.C.

 Il ritorno

Dopo ventidue secoli, un paziente scavo archeologico ha riportato alla luce del sole pugliese i due blocchi che costituivano il corpo della statua (1). Le parti sono state ricomposte e ai visitatori più sensibili del piccolo, ma interessantissimo museo di Castro, restituiscono almeno in parte le sensazioni provate dai soldati di Annibale.  Manca la parte più importante, la testa, ma ci sono molte speranze di poterla ritrovare nelle prossime campagne di scavo.

 Lo stile

 Gli studiosi hanno definito l’aspetto del simulacro della dea di Castro “arcaizzante”.

Quando fu realizzata da scultori provenienti da Taranto, nella seconda metà del IV sec.  a.C., l’arte greca aveva raggiunto una naturalezza eccezionale perché era in grado di comunicare, oltre la vitalità, anche la dimensione interiore del soggetto. Il rappresentante più insigne di questa scuola fu Lisippo che proprio in quel torno di tempo aveva una bottega attiva a Taranto.

 Se questi scultori erano aggiornati sulle più recenti conquiste dell’arte come mai realizzano un’opera che segue modelli in voga un secolo prima?

 La committenza nell’arte antica ha una funzione determinante nella definizione delle caratteristiche delle opere. Il santuario di Castro fu realizzato su di una antica area sacra sicuramente iapigia, ma forse molto più antica, legata ad un culto sotterraneo (ctonio), probabilmente dedicato alla Grande Madre, vista la presenza di una cavità ipogea nel promontorio. L’ antichità del culto avrà frenato la realizzazione di un simulacro troppo aggiornato alle ultime tendenze della scultura tardo classica.

 L’iconografia, quindi, richiama modelli della fine del periodo severo, cioè, della prima parte del V sec. a.C., quando la rappresentazione della figura umana, pur mantenendo una fermezza ieratica, l’apateia o impassibilità, conquista una maggiore naturalezza, sia anatomica sia volumetrica. Al tempo stesso, però, sono già presenti elementi del primo classicismo, come la rottura della frontalità, con la leggera rotazione delle spalle. Il pesante panneggio del peplo è appena asimmetrico sulle gambe, cade con una rigidità verticale. Il piede sinistro è più avanzato come incedente, ma in modo poco naturale. Nella parte alta sopra la cintura, allacciata con il caratteristico nodo di Eracle, il drappeggio appare più sottile e delicato, rivelando le forme del busto prosperoso. Più decisamente arcaica è l’enorme treccia che dalla nuca arriva fino a terra.

Sulla superficie finemente levigata, ma non lucida, della scultura sono ancora evidenti tracce della policromia antica, dominata dalle tonalità rosse dell’ocra.

Verosimilmente tutta la statua era colorata in modo da offrire un’impressione naturale, un po’ come le immagini lignee dei nostri santi.

 

 

 Particolare della postura e delle tracce di colore.

 

La mia ipotesi di restauro e di ricomposizione digitale

 Le statue greche di divinità sono conosciute attraverso moltissime varianti spesso determinate dalle differenti specializzazioni e attributi, esattamente come è accaduto alle molte interpretazioni iconografiche della Madonna cristiana.

Nel caso specifico l’assenza dell’egida (la corta mantella di pelle di capra, irta di serpenti, portata dalla dea in battaglia) e il ritrovamento in loco di una piccola statuetta votiva di Atena, anch’essa senza egida, hanno indotto lo studioso prof. Francesco D’Andria, direttore del museo archeologico di Castro, a identificare la dea nella sua variante orientale: l’Atena frigia (troiana) e di collegare così il santuario al leggendario sbarco in Italia di Enea.

 

Bronzetto votivo trovato nell’area sacra di Castro raffigurante Atena

 con elmo frigio caratteristica dell’iconografia troiana della dea.(foto autore).

 Fortunatamente a partire dall’epoca classica le proporzioni umane delle statue furono standardizzate sul modulo convenzionalmente definito di Policleto.

Quindi è possibile utilizzare parti di altre opere per tentare l’integrazione degli elementi mancanti.

Il modello più simile alla postura delle membra della nostra protagonista è quello denominato Atena del Museo Nazionale Romano - Palazzo Altemps, replica di un’opera di Fidia. Athena Parthenos; Collezione Ludovisi.

  

Atena del Museo Nazionale Romano - Palazzo Altemps. Fonte Wikipedia

 Copia in marmo firmata dallo scultore ateniese Antioco della colossale statua fidiaca per il Partenone. Le braccia sono integrazione del restauro seicentesco. In particolare, il volto, che mostra una giovanile determinazione, conserva la forma massiccia del mento ispirata ai modelli severi, che si adatta assai bene allo stile dell’Atena di Castro.

 

 Atena del Museo Nazionale Romano, (particolare) - Palazzo Altemps. Fonte Wikipedia

 

 Ricostruzione della scultura colossale di Castro con parti dell’Atena del Museo Nazionale Romano – Palazzo Altemps, replica di un’opera di Fidia. - S. Nastasi 2025

La panoplia

La dea guerriera secondo la tradizione iconografica portava le armi caratteristiche del combattente greco antico, l’oplita: lancia (dory), lo scudo (hoplon) e in questa variante, l’elmo frigio (krános). Tutti questi elementi difficilmente saranno trovati in una prossima indagine archeologica perché, se come probabile, furono realizzati con materiale pregiato, il bronzo, esso fu poi depredato durante il saccheggio. Questi particolari sono stati ricostruiti nel loro aspetto metallico sia lucido color oro sia scuro, come brunito, per esaltare la cromia. Assai più complessa è stata la realizzazione dell’elmo, che con la sua caratteristica forma a imbuto rischiava di apparire ridicolo. Inoltre, molto articolato era il cimiero formato dalle paragnatidi, che venivano sollevate fuori dal combattimento e che, se non bene proporzionate, rischiavano di apparire come incongrue orecchie d’asino. Inoltre, spesso sugli elmi frigi erano presenti delle lunghe piume d’ornamento, tenute ritte da alloggiamenti in forma di molla.

Infine, l’elmo, ricostruito con il montaggio e l’amalgama di tutti questi particolari, presentava un’ultima grande difficoltà: doveva calzare in modo naturale e credibile sul capo della statua.

 Il ritorno del colore

Ricostruita l’integrità fisica del simulacro occorreva restituire l’effetto policromo antico, come facevano supporre le tracce di colore conservate.

Il pigmento non è stato distribuito in modo uniforme e piatto, come viene presentato in alcune ricostruzioni contemporanee, ma cerca di sottolineare un tenue effetto chiaroscurale, che contribuisce al realismo. Il colore originale era esaltato e reso setoso dalla “gánōsis” il trattamento della superfice a base di cera d’api e oli profumati.

  

 Ricostruzione ipotetica dell’aspetto antico della Statua colossale di Atena di Castro  S. Nastasi 2025

 

 

 Vista posteriore del simulacro di Atena dove è visibile la grande treccia- S. Nastasi 2025

 La parte più complessa è stato la resa del volto, in particolare degli occhi, l’elemento più espressivo e coinvolgente. La dea era identificata da Omero con l’epiteto di Glaucopide: “dagli occhi verdeazzurro e lucenti”. Sono occhi come quelli della civetta, il rapace a lei sacro. Occhi che caratterizzano lo sguardo luminoso e attento che, dall’alto del cielo splendente, scruta la realtà umana.  Luciano di Samosata scrive nei suoi Dialoghi degli Dei :

 Afrodite chiede a Eros perché Atena non provi mai passioni e sentimenti e il dio dell’Amore risponde: “Io la temo, o madre, ch’ella mi fa paura con quegli occhi cerulei e con quell’aria di maschile fierezza. Quando io vado per tender l’arco e mirare in lei, ella squassa le creste dell’elmo, ed io mi sbigottisco, e tremo, e mi cadono le saette di mano”. 

 

 Restituzione ipotetica della cromia del volto della Statua di Atena di Castro (part.)

 S. Nastasi 2025

 Questi occhi glauchi, secondo le più recenti indagini genetiche, sono comparsi tra i 6.000 e i 10.000 anni fa sulle sponde del mar Nero e corrispondono a una mutazione genetica avvenuta in un singolo individuo, che subito è stato ammirato per la sua eccezionalità. Nel pantheon greco molti degli dei hanno gli occhi azzurri.

 Per approfondire:

-          F. D’Andria (a cura di), Castrum Minervae, Galatina 2009

-          F. D’Andria, Scavi e scoperte a Castro (2014-2015), in Produzioni e committenze in Magna Graecia, Atti del 55° Convegno di Studi sulla Magna Graecia, Taranto 2015, Taranto 2019, pp. 799-807

-          Associazione rotta di Enea, 30 ottobre 2025, https://www.aeneasroute.org/tour/castro/.

 

  

  S. Nastasi 2025 

 

 

 

 

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